Pagina di diario. Incontri sull'autobus.



Sul bus a Bologna incontri chiunque. Ragazzi che vanno o tornano da scuola, adolescenti che escono per il centro, adulti che lavorano, vecchietti che vanno a fare la spesa, pazzi e universitari. Prima che le nostre vite venissero completamente scombussolate da questo virus, viaggiare in bus per me rappresentava una specie di avventura. Ogni volta succedeva qualcosa. 

Prendo quasi sempre le stesse linee: l'11, il 36 o il 19. 

Un giorno incontrai un uomo con la sindrome di Tourette, o meglio, io pensavo che ce l'avesse e ora spiego perché. Ero sull'11, mi sembra, con la testa inchiodata al telefono come una vera centennial. Poi qualcosa attirò la mia attenzione: un uomo vicino alle porte di uscita aveva degli strani tic. Scalciava ogni tanto col piede destro e faceva delle smorfie con la faccia come se stesse addentando del cibo invisibile. 

Ad una fermata salì una ragazza che andò a sedersi dietro e lui dopo averla guardata mezzo secondo guardando a terra disse: <<Che bella figa>>. A questa frase molti si allontanarono da lui, ma non era una persona pericolosa, non capivo perché. Forse è vero che la lingua ferisce più della spada. Fu molto divertente quando ad un'altra fermata scese una donna dai tratti orientali, perché lui mentre la seguiva con lo sguardo, esclamò: <<Chin, chong, chang, ching, chang>>. 

Una mattina, invece, presi il bus per andare a sostenere un esame. Non volevo sedermi, quindi mi sistemai più o meno al centro, poggiata al vetro. Sentivo che in fondo al bus c'era una donna che cantava, non la vedevo quindi doveva essere seduta. Cantava canzoni che non conoscevo, forse era dialetto bolognese. Mi diverto moltissimo a vedere le reazioni degli altri. Immaginate un autobus con un discreto numero di passeggeri che viaggia nel silenzio di una mattinata infrasettimanale e che questo silenzio ogni tanto viene interrotto da una signora che canta, o meglio urla, con una voce stonata e stridula. La maggior parte delle facce dei passeggeri resta quasi impassibile, come se ignorare il suono lo facesse automaticamente scomparire. Altri invece sono infastiditi o curiosi. Io mi diverto. Per qualche minuto la cantante fa silenzio, stava zitta e sembrava aver terminato il suo concerto. Dopo pochissimo tempo, ad una fermata, sale un ragazzo che si siede proprio di fronte a me e inizia a parlare da solo. Nonostante avesse un accento settentrionale lo sfondo del suo telefono mostrava il ritratto di San Gennaro e aveva in mano alcune dispense di non so quale materia. Questo ragazzo era molto allegro, teneva un dialogo con se stesso e rideva alle cose che lui stesso diceva. Ogni tanto parlava e ogni tanto cantava tenendo il ritmo con le mani sulle ginocchia. Io dentro stavo morendo, volevo scoppiare a ridere ma non potevo. Ad un certo punto il bus si ferma ad un semaforo rosso. Alla corsia di destra fa la stessa cosa una volante della polizia. La donna che stava dietro, e che fino a quel momento era stata zitta, non appena vide la macchina della polizia accostata proprio vicino a noi, urlò:<< LA POLIZIA!! CHE SCHIFO LA POLIZIA!!>>. La prima cosa che ho fatto è stata osservare il ragazzo di fronte a me, per vedere come avrebbe reagito, perché sapevo che avrebbe fatto qualcosa. E infatti prima si è rallegrato con una risatina e poi ha iniziato a cantare una canzoncina: <<Digoooos boiaaaa, Digoooos boiaaaa>>. Per un attimo ho avuto l'impulso di non scendere alla mia fermata e restare con loro, ma invece andai a fare l'esame. Mi portarono fortuna. 

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