Mi chiamo John Ford e faccio western.
Nel 1903 esce Grande rapina al treno di Porter. Dura poco più di dieci minuti ed ebbe un successo strepitoso. In quel periodo infatti, i film, non duravano più di dieci minuti. Le inquadrature erano fisse e la scena si svolgeva prevalentemente in figura intera. Quando nacque, il cinema aveva esclusivamente lo scopo di stupire lo spettatore, non c'era la volontà di raccontare una storia o mandare un messaggio, era solo un'invenzione tecnologica straordinaria che poteva mostrare un treno che arriva in stazione, persone che scendono da una nave, un muro che viene abbattuto, due persone che si baciano. Solo qualche anno dopo riuscì ad avere un valore narrativo. Non esistevano sceneggiatori, tecnici del suono, delle luci o stagisti schiavi, c'era il regista, il kinetoscopio o comunque un'ingombrante macchina da presa e gli attori. Attori che fino a quel momento avevano fatto solo teatro. "Grande rapina al treno" rappresenta uno dei primi film con funzione narrativa, nonché il primo film western della storia. Racconta di alcuni banditi che assaltano un treno, costringono i passeggeri a scendere per derubarli e si danno alla fuga. Mentre festeggiano per il bottino ottenuto, vengono scovati dalle autorità e uccisi. Il film finisce con un'immagine iconica. Un bandito che guarda in macchina, punta la pistola verso lo spettatore e spara.
Non esiste un genere più sessista e razzista di quello western. Per me è difficilissimo amare così tanto questo genere e convivere contemporaneamente con questa cruda realtà. I film western sono tali perché (almeno fino agli anni '60) raccontano tutti la conquista del west, cioè dell'ovest degli Stati Uniti. Rappresentano eroi bianchi e americani nella loro missione di civilizzazione delle terre selvagge, quanto eroica sia stata la guerra contro i nativi americani e come gli americani ne siano usciti sempre vittoriosi. La conquista e la sottomissione dei nativi americani non erano rappresentate come di fatto sono state, cioè un sanguinoso e barbaro genocidio, ma anzi, spesso gli eroi western sono buoni, senza paura e talentuosi,vengono glorificati dal resto della popolazione perché portano civilizzazione e avanguardia. Gli indiani, essendo selvaggi, non capiscono questo intento tanto valoroso e preferiscono la guerriglia. Per non parlare del ruolo della donna: era o la prostituta del saloon, o la bella giovane di cui l'eroe si innamorava e veniva naturalmente ricambiato, oppure era una donna bianca rapita dai comanche che diventava selvaggia come loro, quindi o era irrecuperabile, o spettava all'eroe salvarla e riportarla alla "normalità". Tuttavia è innegabile il fascino che film come Sentieri selvaggi esercitano sul pubblico, perché portano avanti comunque ideali di libertà e sono cimeli della cultura occidentale, anche solo per ricordarci quanto possiamo essere offuscati dal modo in cui una storia viene raccontata. Lo sguardo si John Wayne a cavallo che spara verso le terre desolate del Wyoming dove un gruppo di indiani cerca di assalire una carovana è a dir poco mistico.
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Questo è Orso Seduto nel 1870. Fu uno dei più grandi guerrieri indiano d'America. |
Il genere western si diffuse ovunque. In Europa e in Oriente. Da noi generò i famosi spaghetti western e in Oriente i film di Samurai. Ma fu un uomo a cambiare le carte in tavola. Un uomo capace di rigenerare interi studios di Hollywood ancora prima delle rivoluzioni giovanili del '68. Il suo nome è Sergio Leone e fa western. Il regista aveva capito che gli ideali di conquista e egemonia su un popolo indifeso e pacifico non solo non andavano più a genio al pubblico ma offrivano anche un'idea sbagliata di cosa significa essere un eroe. Con lui nasce l'uomo senza nome, Clint Eastwood, il nuovo eroe proposto al grande schermo. Un eroe taciturno, scorbutico, per niente donnaiolo e con un solo interesse: i soldi. Ma non è un interesse che lo fa diventare avido di sentimenti, lui si schiera spesso dalla parte dei deboli, lo vediamo prendere le difese di vecchi e poveri. Un eroe che anteponeva il cervello ai muscoli. E la donna che ruolo ha in questi nuovi western? Diciamo che la vediamo poco prendere in mano le redini della situazione, ma via via ha ruoli sempre più decisivi. In C'era una volta il west Claudia Cardinale ha un ruolo fondamentale nel film, anche se le si consiglia di farsi toccare il sedere pur di ottenere quello che vuole. Dalla mente del maestro Bruno Buzzetto, poi, è venuto fuori un gioiellino d'animazione di nome West and Soda nel 1965, dove una ragazza, Clementina, è l'unica a possedere un terreno fertile in tutta l'arida valle. Così, anche grazie alle contestazioni sentattottine, il modo di fare western cambiò. I nativi americani erano i buoni e i conquistatori erano i selvaggi, basti pensare all'enorme successo di Soldato blu, Balla coi lupi o Gli Spietati.
Ma è vero che oggi nessuno più fa western? Non proprio, secondo me è cambiato il modo di proporre e vedere western. Tarantino ha mostrato un modo tutto nuovo di girare questo genere di film ed è uno dei registi più amati oggi con i suoi capolavori come Django o The hateful eight. Oppure La ballata di Buster Scruggs dei fratelli Cohen da cui è nato il famoso meme "prima volta?". Allora qui si può discutere sulla definizione del genere western. Perché questi film vengono considerati tali anche se non ci sono sullo sfondo le terre desolate del west, la guerra di secessione o gli indiani d'America? Il dibattito è ancora aperto. Secondo me western è tutto ciò dove l'illecito, la guerra e il confine tra bene e male emergono di più all'interno del film. Western è la pistola infuocata. Western è quel genere che cambia insieme alla società, vedere western significa vedere chi siamo noi.
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