Pagina di diario. Cose che accadono di notte.
Molte cose succedono di notte. Nella mia vita non sono state tantissime le notti che ho passato completamente in bianco, ma due me le ricordo particolarmente.
Era settembre 2016 e mi trovavo a Pisa.
Da un paio d'anni avevamo scoperto di avere nella nostra famiglia una particolare malformazione genetica che portava, alcuni individui che l'avevano, a una maggiore predisposizione a sviluppare cose che non dovrebbero esserci nella tiroide. Qualcosa che, se tenuta in periodica osservazione, non desta particolari preoccupazioni. Furono due anni tragicomici. Quasi tutta la mia famiglia fu sottoposta a esami e accertamenti, alcuni erano fuori pericolo e altri no. Viaggi organizzati per e da Pisa, trattorie per provare i piatti locali, la torre di Pisa di notte e le camere affittate vicino all'ospedale, erano le caratteristiche fondamentali delle nostre "gite". Quelli che avevano scoperto di avere questo gene ogni anno avrebbero dovuto ripetere gli esami. In due anni sono state operate un buon numero di persone. I miei zii e alcuni cugini furono sapientemente sgozzati e ricuciti, ma nella mia famiglia si riesce a ridere di tutto. All'inizio lo spavento fu considerevole ma poi capimmo che tutto sommato era una situazione gestibile e con cui si poteva convivere tranquillamente.
Quando toccò a mio padre operarsi io e i miei fratelli non andammo a Pisa, perché avevamo scuola. Fu una mattinata molto stressante. Ad un certo punto, però, mi squilla il telefono e la schermata mostra la scritta "papà" e quando rispondo dall'altra parte sento lui che grida:<<Ilaria!! E' andata bene l'operazione, hai visto a papà?! E' fatta sto benissimo!">>. Quando tornò a casa, per il mese successivo dovette fare degli esercizi per recuperare la voce. Subito dopo l'operazione,infatti, aveva chiamato tutti e tre noi figli, l'aveva sforzata troppo e quindi si era notevolmente abbassata. Mi ricordo che in quel periodo avevo paura di dimenticare la voce di mio padre. Ma invece andò tutto benissimo.
Nel 2016 dalle mie analisi risultò qualcosa che non andava nella calcitonina e dall'ecografia venne fuori un piccolo nodulo. Era arrivato il mio turno e quindi progettammo l'operazione per settembre. Sono stata il membro più giovane della mia famiglia a finire sotto i ferri, avevo 18 anni. Quando andammo a Pisa passai la sera prima a guardare video su internet di tiroidectomie, volevo capire come funzionasse e mio fratello mi suggerì di vederli. Contrariamente a ciò che pensavo, non mi fecero spaventare, anzi, a volte quello che ci spaventa è proprio quello che non conosciamo. Andai in ospedale il giorno dopo, dividevo la stanza con una ragazza egiziana, aveva un nome molto particolare, ora non lo ricordo più, ma era bello da pronunciare. Lei era un po' più grande di me ed era protettiva nei miei confronti anche se non mi conosceva, eravamo lì per l'identica cosa. Con lei c'era sua madre, una donna con una montagna di capelli ricci e biondi. Entrambe stavamo aspettando di essere chiamate da un momento all'altro per scendere in sala operatoria. Con me c'erano anche mamma, papà, mio fratello e mia nonna, mi facevano compagnia e commentavamo il cibo dell'ospedale. Oltre al mio pigiama e al ricambio portai un libro, non ricordo più quale. Quel pomeriggio un'infermiera entrò in stanza perché una delle due doveva scendere, era l'altra. Le dissi che l'avrei aspettata in camera e di tornare presto. L'orario delle visite stava per finire, così sua madre mi disse di prendere il suo numero di telefono per poterci tenere in contatto. Tutti cercavano di distrarmi, papà ad esempio mi disse che adesso resta solo una piccola cicatrice sulla gola, ma molti anni fa quando i progressi della medicina non erano ancora ai livelli odierni, veniva praticata un'incisione da orecchio a orecchio e restava una cicatrice enorme che Frankestein levati.
Dopo un po' la mia compagna di stanza tornò, era ancora intontita dall'anestesia, ma a quanto pare aveva perso molti liquidi. Sua madre mi mandava continuamente dei messaggi per capire come stava. Lei dormiva, ha dormito tutta la notte, quindi più che dirle questo non sapevo su cosa informarla, i medici e gli infermieri non ci dicevano niente. Un po' per l'ansia, un po' perché sua madre era preoccupata, non dormii. Passai la notte a inviare messaggi ogni 30 minuti e a guardare il cielo dalla finestra vicino al mio letto. Mi sembrava che vicino a me ci fosse una persona completamente diversa. Era scesa in sala operatoria una ragazza allegra e solare ed era tornato sù un esserino gracile e taciturno.
Il giorno dopo toccò a me. Mi ricordo che le infermiere erano molto premurose e cercavano di mettermi a mio agio mentre mi portavano in sala operatoria sulla barella. Ma io, forse per il nervoso, gli rovinai il lavoro perché quando una delle due disse:<<Hai visto, ultimamente stanno arrivando così tante ragazze belle e giovani!>> io risposi:<<Beh, non è proprio una cosa positiva>>. Ora un po' mi dispiace per averlo detto. In sala operatoria c'erano circa sei persone, dopo avermi messo la maschera per l'anestesia il medico iniziò a farmi un po' di domande personali: quanti anni ho, di dove sono, che voglio fare da grande. Mi faceva parlare così mi sarei stancata e mi sarei addormentata prima. Avevo sentito un sacco di storie di persone che in anestesia sognano, intraprendono viaggi in universi paralleli o vanno in paradiso. Io niente di tutto ciò. E' stato come un battito di ciglia. Chiudi gli occhi e nella frazione di secondo seguente, quando li riapri, è già tutto finito e ti trovi in un altro posto. Mi avevano messo in un'altra saletta e ricordo che avevo caldissimo e avevo iniziato a piagnucolare perché non capivo niente e non avevo ancora il pieno controllo del mio corpo. Mi riportarono in camera mia e trovai, oltre a una nuova compagna di stanza, i miei genitori, tutti e due i miei fratelli, mia nonna e i miei zii. Non ricordo quasi niente, ricordo che erano felici di vedermi.
Quella notte non dormii, per il dolore, anche se era sopportabile. Ogni quarto d'ora circa chiamavo l'infermiera perché dovevo urinare, chiaramente non potevo alzarmi dal letto. Quella notte fui contenta di restare da sola. Sentivo che per me stava iniziando una fase nuova, in cui ogni giorno della mia vita avrei dovuto prendere una medicina, tutto qui. L'unica cosa che da quel giorno in avanti sarebbe cambiata per sempre sarebbe stata solo quella. Una minima e sostenibile cosa, ma pensai a quello tutta la notte. Ovunque sarei andata, ovunque mi sarei svegliata, dovevo avere vicino a me le mie pastiglie di Eutirox.
Nel mese successivo il dolore passava gradualmente, ricominciai a rifare tutti i movimenti di prima come semplicemente alzare la testa. Durante l'operazione, però, avevano un po' toccato le corde vocali, quindi avevo una voce molto flebile, dovetti solo aspettare che tornasse. Feci anche un'interrogazione di storia con il cerottone sulla gola e la voce bassa. La cosa più bella di quel periodo furono i miei amici e la mia famiglia, che venivano a trovarmi appena possibile e mi facevano stare allegra. Casa mia è sempre stata un porto di mare, ma in quel periodo anche più del solito. Certo, esistono anche persone orribili che decidono di interrompere una relazione (seppur insignificante) proprio pochi giorni dopo l'operazione, ma io non ci feci neanche caso più di tanto. Ero circondata da amore e persone che volevano che stessi bene. Ci sarebbero altri aneddoti da raccontare intorno a questa mia avventura, ma in realtà di tutto questo vorrei che restasse l'infinito bene che gli esseri umani possono provare tra loro, soprattutto in tempi bui e difficili come questi, e il mistero intimo e sublime di quella notte nell'ospedale di Pisa.
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